Le banche hanno mutato profondamente la propria natura. Ha vinto il “metodo mediolanum” ovvero la visione di una banca che raccoglie i risparmi di una vita promettendo sicurezza e investimenti vantaggiosi, ma ha totalmente perso il proprio ruolo sociale di sostegno all’imprenditoria così fondamentale nel secolo scorso.
In altre parole: la vostra banca è pronta a finanziare le vostre vacanze, ma la stessa cifra non sarà concessa ad una start-up per avviare un’impresa. Peggio ancora se a chiedere il prestito è una donna.
Le banche pagano la faciloneria degli anni scorsi dove per avere un prestito era necessario entrare nella cerchia di amici del direttore - “basta conoscere la persona giusta” - regalando con grande facilità finanziamenti faraonici a soggetti totalmente privi di capacità imprenditoriale, ma con le giuste conoscenze.
Ricordo un direttore di banca, nei primi postumi della devastante (e sottaciuta ) crisi del 2008/2009, che mi spiegò candidamente la nuova realtà manageriale: togliere al direttore di agenzia la facoltà di libero arbitrio nel concedere prestiti. Questo perché i colleghi con allegra spensieratezza avevano concesso importanti somme di denaro a correntisti più o meno amici e sicuramente insolventi.
Ancora una volta non si tentò di individuare e selezionare la capacità del singolo, ma si scelse piuttosto la coercizione indiscriminata nel tentativo di arginare la deriva. I tracolli dei vari istituti italiani fecero il resto.
A tutto questo si aggiunge l’italica abitudine di negare il valore dell'individuo per spostare la responsabilità su fattori esterni, vedi “posto fisso”. Perché il soggetto si impegna in prima persona a ripagare il prestito ricevuto garantendo il versamento di ogni singola rata, ogni singolo mese.

Il prestito, qualunque sia la cifra, è sempre
un prestito d’onore
Un esempio facile e opposto arriva dagli Stati Uniti d’America dove c'è una forte propensione al debito e di conseguenza al pignoramento dell’insolvente. Questo per la cultura protestante e liberale di una nazione dove il singolo è chiamato a rispondere in prima persona assumendosi il rischio delle proprie azioni. Una dimostrazione di questo principio si può trovare nei prestiti universitari americani, tutt’altro che a tassi agevolati: se vuoi studiare lo puoi fare. Ottenuta la laurea e un lavoro migliore passerai buona parte del tuo percorso lavorativo a pagare le rate del prestito, ma la possibilità di investire su te stesso e sulle tue capacità ti è stata data.
Non stupisce quindi la ricerca svolta dalla CGIA di Mestre che conferma ulteriormente il totale distacco dalla realtà degli istituti bancari, incapaci di sostenere un tessuto imprenditoriale di ricambio e interessate piuttosto a proporre piattaforme di trading online.

La verità è che la tua carta di credito ti aiuta ad avviare il tuo progetto imprenditoriale più facilmente e più velocemente della tua banca
Il mondo dell’impresa si è profondamente evoluto e de-materializzato. Se per i nostri nonni essere imprenditore portava all’affitto di un capannone (molte volte lo scantinato di casa) e l’acquisto di macchinari, oggi un imprenditore deve registrare un marchio, aprire un sito internet, pagare i fornitori: tutte cose decisamente immateriali.
Se i nostri nonni ipotecavano l'officina a garanzia del proprio progetto, oggi è decisamente difficile ipotecare un sito internet e un giovane ha grande difficoltà a pianificare sui trent’anni quando fa fatica a ragionare sui tre anni.
C’è però l’altra faccia della moneta, come spiegato dalla ricerca CGIA di Mestre: c’è stata una evoluzione. L’imprenditore non è più il sognatore indebitato del passato, ma un manager consapevole e pronto a re-investire quanto guadagnato nella propria azienda. In sostanza, avremo meno “spalloni” che corrono in Svizzera e più solidità in azienda. Non va poi così male.